In questi luoghi silenziosi, c’è tempo e modo di riuscire a scovare la propria voce interiore, spesso lasciata parlare in solitudine, attutita dal troppo rumore della vita quotidiana.
In questi luoghi quindi, ognuno di noi in famiglia, trova il modo di riconnettersi con se stesso e con i propri bisogni veri, profondi.
Non sempre questo si traduce per noi tutti automaticamente in una sensazione di benessere.
Per alcuni di noi infatti, questo percorso può caratterizzarsi come un momento di disagio, in cui la propria voce interiore si fa sentire urlando con rabbia e arroganza, mostrando a tutti coloro che sono vicini il proprio dissenso e la propria distanza.
Per un altro invece quella voce comunica con segnali ripetitivi e ossessivi, la netta volontá di estraniarsi, di essere altrove, lontano dagli altri ma anche da se stessi, ad ogni modo comunque sempre distanti.
C’ è chi invece, stanco di osservare e rispondere a bisogni altrui, sente ancora più pesante il fardello delle responsabilitá, e pretende per almeno qualche momento di dedicarsi alla propria voce interiore in solitudine senza interferenze e in silenzio ascoltarla e darle spazio per ricaricarsi.
C’è poi chi sente, come ogni volta che torna a respirare quest’aria limpida, che la propria urgenza sia quella di porsi in ascolto ed osservare.
In questo limbo di pace e quiete, sente che anche la confusione di segnali, sintomi, emozioni che più che mai ultimamente non ha saputo districare, abbiano ora qualche possibilitá di poter per lo meno essere presi in considerazione.
O che di questa distanza, fatta di tutte le distanze che ognuno di noi antepone all’altro nella nostra famiglia da qualche tempo a questa parte, si possa averne almeno la chiara e nitida consapevolezza.
Anche senza la pretesa, almeno per il momento, di cambiare la situazione.
Ma con la forte fiducia di riporre la propria speranza interiore in panorami più alti, più ampi e vasti.
E immensamente misericordiosi.